L’IoT di cui abbiamo bisogno
In questi giorni, intensi dal punto di vista delle tragedie, mi sono soffermato più volte sul crollo del ponte a Lecco, di cui l’Anas ha diffuso le immagini. Devo dire che la prima cosa che mi ha colpito, soprattutto del video, è come venga giù un (piccolo) ponte del genere, la rapidità, i danni che può generale. Poi viene la cronostoria, le segnalazioni avute in precedenza, magari altri danni non visibili ma già latenti da maggior tempo. Non ho l’occhio ne l’esperienza di un ingegnere civile per capirlo, l’inchiesta ci dirà cosa è successo, in quali tempi e cosa si poteva fare per evitarne il crollo su del traffico del tutto ignaro del pericolo che stava correndo, che fosse sotto ma soprattutto sopra (dove probabilmente bisognava fare di più).
A questo mi voglio collegare oggi e quelli che esprimo sono pareri dettati anche dall’ignoranza sul tema ingegneristico (edit: segnalo invece questa analisi). Io mi occupo di sistemi, in parte di software, ed ho imparato che per evitare un problema la strada è solo una: tanto monitoraggio. Non è determinante (seppur fondamentale) solamente quanto bene sia fatto quel che si sta realizzando, sia esso un software o un sistema, perché sarà solo un modo per ridurre la probabilità che si verifichi un problema, ma è più importante che la situazione sia monitorata nel modo giusto in modo da evidenziare immediatamente qualsiasi deviazione, qualsiasi segnale che indica un possibile malfunzionamento. I disastri quando avvengono, sembrano avvenire tutti in una volta sola ma sono sempre l’effetto di una serie di eventi consecutivi che se identificati possono permettere una azione preventiva.
Penso quindi ai ponti, che solo in Lombardia “sono ben 25 da tenere sotto controllo” (notizia la cui attendibilità è da verificare), ma anche a tante altre strutture che possono degenerare nel tempo e che potrebbero essere monitorate non solo grazie all’occhio di chi si occupa della manutenzione o di una segnalazione di un passante, ma anche continuamente da sistemi automatici. Siamo negli anni dell’IoT e dei big data, esiste la possibilità di monitorare queste strutture, perchè non farlo sempre, in tempo reale, trasmettendo i dati tramite reti a bassi costo come LoRa o – con costi maggiori – via rete cellulare. Siamo anche negli anni dello sviluppo software applicato in poco tempo a qualsiasi realtà, ad hardware consumer disponibile per qualsiasi prototipizzazione, alla possibilità di correggere OTA il software di decine di stazioni di monitoraggio semplicemente con un transito a bassa velocità. Questi sono buoni progetti di ricerca per laureandi in Ingegneria Civile e Informatica, per creare una soluzione che abbia costi accessibili e tutta la flessibilità che oggi prentendiamo dal nostro iPhone o dal televisore Samsung, tutta la condivisione di dati che richiediamo ad una stazione meteo Netatmo, per permetterci di tenere sotto controllo tutto ciò che non possiamo più permetterci di guardare con i nostri occhi e di correlare con le sole informazioni in nostro possesso. Prima di sapere se troveremo parcheggio in città, prima di sapere qual’è la stazione di ricarica auto più disponibile nei prossimi chilometri, abbiamo veramente bisogno di questo questo tipo di IoT.